L’attuale e concreta possibilità di procedere, seppure in tempi non brevi, ad una vaccinazione di massa, ritenuta dagli esperti lo strumento principe per porre fine (o quanto meno contenere e combattere con efficacia) alla pandemia generata dal virus SARS-CoV-2 (definita dalla Organizzazione Mondiale della Sanità lo scorso 11 febbraio come malattia da coronavirus COVID-19 o più sinteticamente come COVID-19 e lo scorso 11 marzo come “situazione pandemica”) che affligge l’intera umanità da ormai un lungo anno, pone non pochi interrogativi legati alla gestione del rapporto di lavoro nel caso in cui un lavoratore, in assenza di uno specifico obbligo giuridico, ritenga legittimamente di non vaccinarsi, esercitando una sua prerogativa costituzionalmente garantita ed andando però a sollevare un problema di compatibilità della propria scelta rispetto alla regolare esecuzione, e prosecuzione, del rapporto di lavoro.