La recente sentenza della Cassazione n. 27948 del 23.11.2017 ritorna sulla tematica dell’obbligatorietà del lavoro festivo, ribadendo l’orientamento precedente – del tutto negativo – della Superma Corte al riguardo.
Giova riportare la massima della sentenza 16592/2015 (conf. Cass.Civ.sez.lav. 16635/2005): “La legge n. 260 del 1949, come modificata dalla legge n. 90 del 1954, nel disciplinare compiutamente la materia, riconosce al lavoratore il diritto ad astenersi dal lavoro in occasione delle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose, sicché, ai sensi dell’art. 12 delle preleggi, non sono suscettibili di applicazione analogica le eccezioni al divieto di lavoro domenicale, né tale diritto può essere posto nel nulla dal datore di lavoro, potendosi rinunciare al riposo nelle festività infrasettimanali solo in forza di accordo tra datore di lavoro e lavoratore. Il provvedimento con cui il datore di lavoro impone al dipendente di prestare l’attività lavorativa nelle festività infrasettimanali in violazione della legge n. 260 del 1949 …, è nullo ed integra un inadempimento parziale del contratto di lavoro, sicché l’inottemperanza del lavoratore è giustificata in base al principio “inadimplenti non est adimplendum” ex art. 1460 c.c. e sul rilievo che gli atti nulli non producono effetti, dovendosi escludere che i provvedimenti aziendali siano assistiti da una presunzione di legittimità che ne imponga l’ottemperanza fino a contrario accertamento in giudizio.“.
In senso assolutamente conforme la Cass. Civ. sez. lav. 22482/2016, dove si precisa il ruolo della contrattazione collettiva che non può imporre al lavoratore di prestare attività lavorativa nei giorni festivi: “La possibilità di svolgere attività lavorativa nelle festività infrasettimanali non significa che la trasformazione da giornata festiva a lavorativa sia rimessa alla volontà esclusiva del datore di lavoro o a quella del lavoratore, dovendo – invece – derivare da un loro accordo. Quest’ultimo deve provenire dalle parti del contratto individuale e non da quelle collettive, non potendo le organizzazioni sindacali derogare in senso peggiorativo ad un diritto del singolo lavoratore se non nel caso in cui egli abbia loro conferito esplicito mandato in tal senso. Ne discende la nullità delle clausole di contratti collettivi che prevedano l’obbligo dei dipendenti di lavorare nei giorni di festività infrasettimanale, in quanto incidenti sul diritto dei lavoratori – indisponibile, giova ribadire, da parte delle organizzazioni sindacali – di astenersi dalla prestazione“.
La sentenza 27948/2017 riguarda una fattispecie particolare in cui il trattamento economico della festività è stato negato ai lavoratori che si erano rifiutati di prestare la propria attività lavorativa nei giorni festivi. La Suprema Corte, con riferimento all’art. 2 della legge 90/1954 precisa che tale disposizione “… prevede la spettanza del trattamento di festivita’ anche se la prestazione lavorativa non e’ affatto resa in taluni casi di assenza in generale dal lavoro, ritenuti degni di maggior tutela (malattia, gravidanza, etc.), mentre ritenere assente ingiustificato il lavoratore che non presti attivita’ lavorativa durante le festivita’ di legge non e’ consentito dalla norma. …. la L. n. 90 del 1954, articolo 2 estende il diritto al trattamento di festivita’ anche ad alcuni casi, di totale assenza dal lavoro, ritenuti meritevoli di particolare tutela (malattia, gravidanza, etc.). Rovesciare tale norma nel senso di ritenere che il trattamento non spetti in ipotesi in cui il lavoratore semplicemente rifiuti di prestare, come suo diritto, la sua opera durante le festivita’ previste dalla legge non e’ operazione consentita, ne’ desumibile dalla norma“.
Pare, quindi, pacifico l’orientamento della Suprema Corte nel ritenere insussistente l’obbligo dei lavoratori di prestare la propria attività lavorativa nei giorni festivi, ove richiesti, anche nel caso in cui tale obbligo risulti dalla contrattazione collettiva, la quale non può derogare alla norma di legge a meno che il singolo lavoratore non abbia dato esplicito mandato in tal senso alle organizzazioni sindacali.