Può accadere che un lavoratore demansionato si rifiuti di prestare la propria opera nelle nuove mansioni inferiori e si assenti dal lavoro eccependo l’inadempimento del datore di lavoro. Alla base di questa condotta vi è la convinzione che all’inadempimento del datore di lavoro si possa rispondere con una assenza non giustificata da altre ragioni (ad es. malattia o ferie) se non dall’inadempimento datoriale medesimo (formulando, cioè, una eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod. civ.).
In un caso pratico approdato in Cassazione, il datore di lavoro dopo la rituale contestazione dell’assenza ingiustificata, ha proceduto al licenziamento del lavoratore, essendosi realizzata la fattispecie prevista dal CCNL in relazione alla giusta causa di recesso.
La Corte di Cassazione con la sentenza 836/2018 analizza la fattispecie dal punto di vista della proporzionalità della reazione del lavoratore all’inadempimento datoriale e della sua rispondenza al principio di buona fede. In tale prospettiva la Corte osserva come il dipendente demansionato non possa sospendere ogni attività lavorativa ove il datore di lavoro assolva a tutti gli altri obblighi su di sé gravanti (pagamento della retribuzione, copertura previdenziale eccetera), potendo rendersi totalmente inadempiente e invocare l’articolo 1460 del codice civile soltanto se totalmente inadempiente l’altra parte.
L’assegnazione – illegittima – a mansioni inferiori, infatti, può essere impugnata, anche in via di urgenza, con tutti gli strumenti assicurati dall’ordinamento, per cui il lavoratore che – pur in presenza di un datore di lavoro a sua volta non totalmente inadempiente, ad esempio perché continua a pagare regolarmente lo stipendio – si astenga completamente dal prestare l’attività richiestagli dal datore di lavoro non esercita legittimamente una eccezione di inadempimento, in quanto egli è tenuto ad osservare le disposizioni per l’esecuzione del lavoro impartite dall’imprenditore, ex articoli 2086 e 2104 del codice civile, e può legittimamente invocare l’articolo 1460 del codice, rendendosi inadempiente, solo in caso di totale inadempimento dell’altra parte».
In forza di tale principio, già più volte affermato in sede di legittimità (ex plurimis: Cass. sez. lav. 2033/2013; Cass. sez. lav. 12696/2012; Cass. sez. lav. 29832/2008; Cass. sez. lav. 25313/2007), e valutando contrario a buona fede il comportamento del dipendente, la Corte ha accolto il ricorso della società (rimasta soccombente nei primi due gradi di giudizio) e ha dichiarato quindi legittimo il licenziamento intimato al lavoratore.